“Una donna correva verso di lui. Martti l’aveva vista in
sogno molte volte. Lei era sul punto di dire qualcosa, ma lui non riusciva a
percepire le sue parole, si svegliava sempre un attimo prima di comprenderle.
Accadde così anche quella volta e, ormai sveglio, andò con lo sguardo
all’orologio poggiato sul comodino.” (prime righe del libro).
AUTRICE: Riikka
Pulkkinen (traduzione di Delfina Sessa)
EDITO DA: Garzanti
ANNO DI PUBBLICAZIONE:
2012
ACQUISTATO DA:
Mondadori
GENERE: Romanzo
NUMERO DI PAGINE: 308
COSTO: € 9,90
Qualche informazione sull’autrice
Riikka Pulkinnen è nata nel 1980 a Tampere, Finlandia. Il
suo romanzo di debutto, “La promessa del plenilunio”, è stato accolto come uno
dei migliori romanzi finlandesi del 2006. Con “L’armadio dei vestiti
dimenticati” ha raggiunto il grande successo; è uno dei libri più venduti in
Finlandia, che ha permesso alla Pulkinnen di scalare le classifiche dei
bestseller in patria e diventando un’autrice nota e pubblicata in tutto il
mondo.
Trama
La stanza è invasa dalla polvere e dalla luce. Sono passati
anni, ma a casa della nonna Elsa non è cambiato nulla: la bambola, il cavallo a
dondolo e poi il vecchio armadio. Ad Anna basta aprirlo per tornare bambina,
quando giocava con la nonna a vestirsi da grande. Gli abiti ci sono ancora
tutti, anche se ne trova uno che non ricorda, con uno stile molto diverso da
quello della nonna. Anna lo prova, la nonna la vede e capisce che è giunto il
momento. Ora che le rimangono pochi giorni di vita, non può più mentire; lo
deve alla nipote, ma soprattutto a sé stessa. Deve confessare di chi è
quell’abito, pronunciare quel nome: Eeva. Un nome che Anna non conosce, di una
donna dimenticata e di cui non ci sono fotografie. Spetta ad Anna comprendere
il suo segreto, tornando indietro a un tempo antico, a uno storia di perdono, di
tradimento e di bugie.
Quando ho visto la copertina, mi aspettavo un libro
totalmente diverso. È vero, esiste un
armadio con un vestito dimenticato, ma pensavo che il libro si snodasse più su
quest’argomento, semmai aggiungendo elementi magici/surreali, invece no.
Il vestito è solo un pretesto per scrivere una storia bella, commovente e malinconica, assolutamente realistica.
È anche una metafora, che indica gli scheletri nell’armadio che ognuno di noi tiene nascosti al sicuro. Inizialmente, non mi aveva preso molto, perché è scritto con uno stile un po’ particolare: la scrittura è intima, delicata, sembra quasi di entrare di soppiatto nella stanza per ascoltare i discorsi e conoscere la vita dei personaggi. Questi ultimi sono ben delineati, anche se si impara a conoscerli procedendo nella lettura, perché man mano che si va avanti, si aggiungono elementi nuovi ed interessanti. Ci sono dei capitoli scritti nel presente, che raccontano la vicenda della nonna Elsa, che è una malata terminale, e altri scritti da Eeva, quindi provenienti dal passato, che ci fanno capire chi è questa donna, e come il suo nome si leghi indissolubilmente agli altri personaggi.
Ho particolarmente amato il paragone tra Anna e Eeva (paragone simile lo trovate anche tra Phoebe e Thérèse nel libro "Passione vintage"): le due donne sono simili, e la storia della seconda ha aiutato la prima a comprendere meglio la propria vita.
Sono proprio le donne le protagoniste assolute del libro, che si giostrano nei mille ruoli che l’esistenza fa interpretare loro. L’unico personaggio maschile rilevante è Martti: la sua voce si sente poco, anche se effettivamente è il perno del libro. Il finale mi ha fatto piangere, nonostante non sia chiarissimo, è come se l’autrice lasciasse aperto uno spiraglio, quasi non volesse finire la vicenda.
È uno di quei libri da leggere soprattutto se vi piacciono le storie non comuni, delicate e toccanti (se cercate queste caratteristiche in un volume, vi consiglio vivamente anche L'eleganza del riccio).
Il vestito è solo un pretesto per scrivere una storia bella, commovente e malinconica, assolutamente realistica.
È anche una metafora, che indica gli scheletri nell’armadio che ognuno di noi tiene nascosti al sicuro. Inizialmente, non mi aveva preso molto, perché è scritto con uno stile un po’ particolare: la scrittura è intima, delicata, sembra quasi di entrare di soppiatto nella stanza per ascoltare i discorsi e conoscere la vita dei personaggi. Questi ultimi sono ben delineati, anche se si impara a conoscerli procedendo nella lettura, perché man mano che si va avanti, si aggiungono elementi nuovi ed interessanti. Ci sono dei capitoli scritti nel presente, che raccontano la vicenda della nonna Elsa, che è una malata terminale, e altri scritti da Eeva, quindi provenienti dal passato, che ci fanno capire chi è questa donna, e come il suo nome si leghi indissolubilmente agli altri personaggi.
Ho particolarmente amato il paragone tra Anna e Eeva (paragone simile lo trovate anche tra Phoebe e Thérèse nel libro "Passione vintage"): le due donne sono simili, e la storia della seconda ha aiutato la prima a comprendere meglio la propria vita.
Sono proprio le donne le protagoniste assolute del libro, che si giostrano nei mille ruoli che l’esistenza fa interpretare loro. L’unico personaggio maschile rilevante è Martti: la sua voce si sente poco, anche se effettivamente è il perno del libro. Il finale mi ha fatto piangere, nonostante non sia chiarissimo, è come se l’autrice lasciasse aperto uno spiraglio, quasi non volesse finire la vicenda.
È uno di quei libri da leggere soprattutto se vi piacciono le storie non comuni, delicate e toccanti (se cercate queste caratteristiche in un volume, vi consiglio vivamente anche L'eleganza del riccio).
Il mio voto
A CHI LO SUGGERISCO?
-Lettori adulti e non necessariamente esperti
-A chi piacciono le storie malinconiche, commoventi, disilluse. A chi si ritrova in queste caratteristiche, consiglio anche la
lettura de “La solitudine dei numeri primi”.
-A chi non si scoraggia se l’inizio non ingrana subito, ma
preferisce continuare a leggere senza gettare la spugna.
DA LEGGERE.. in punta di piedi, con rispetto.
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