“Fui colta alla sprovvista dalla sentenza del medico: “Devi
essere operata”. Ero come paralizzata mentre, con voce rotta e impaurita, gli
domandavo: “Ma dopo recupererò la mia voce naturale?”. Il medico, non volendo
deludermi, rispose: “Non del tutto.. per lo meno per i primi mesi, poi
migliorerà”. Tacqui.” (prime righe del libro).
AUTRICE: Laila
al-Uthman (traduzione di Valentina Colombo)
EDITO DA: Newton
Compton editori
ANNO DI PUBBLICAZIONE:
2008 (2011 in Italia)
ACQUISTATO DA:
Mondadori
GENERE: Romanzo,
Drammatico
NUMERO DI PAGINE: 251
COSTO: € 9,90
Qualche informazione sull’autrice
Laila al-Uthman nasce in Kuwait nel 1945. Inizia a scrivere
negli anni Sessanta occupandosi dapprima di questioni sociali, collegate alla
condizione della donna nel proprio Paese, per poi pubblicare nel 1976 la prima
raccolta di racconti. I contenuti dei suoi romanzi, molto provocanti per il
contesto in cui vive, l’hanno portata persino in tribunale per oltraggio alla
religione. Da quest’ultima esperienza ha tratto un romanzo autobiografico. È anche
un’attivista coraggiosa, che ha contribuito in maniera sostanziale al
conseguimento del diritto di voto per le donne kuwaitiane.
Trama
Nadia è la figlia di un kuwaitiano e di una siriana, ha
diciassette anni ed è pronta a spiegare le sue giovani ali: vuole frequentare l’università,
innamorarsi e diventare protagonista della propria vita e della proprie scelte.
Ma la sua famiglia ha già deciso per lei, rispettando le ferree regole della
tradizione: dovrà sposare un uomo molto più vecchio, con altri matrimoni alle
spalle e figli a carico. Per quattro anni, Nadia rimarrà prigioniera di quest’uomo
dispotico, umiliata. Tuttavia, la ragazza rifiuta di soccombere al dolore e non
rinuncia a lottare, perché il desiderio di libertà che è in lei non può essere
messo a tacere.
È uno di quei libri da leggere solo se avete pelo sullo
stomaco. È crudo, forte, realistico. Sicuramente, da qualche parte nel mondo,
una ragazza ha subito, subisce o subirà la sorte di Nadia, stupenda diciassettenne
con tutta la vita davanti, ma che si trova le sue ali da giovane farfalla
spezzate da un destino terribile e da una tradizione disumana.
Le prime pagine sono
uno shock. Inizialmente, non sapevo se continuare a leggere; poi ho capito che
volevo andare fino in fondo. Il senso di ripugnanza e di odio che si prova
contro i genitori di Nadia è fortissimo; mi sono chiesta per tutto il libro come
fosse possibile che chi ti mette al mondo possa preferire avere una vita di agi
e ricchezze (il matrimonio è servito alla famiglia della ragazza proprio per
questo), che una figlia felice e realizzata. Il personaggio del vecchio marito
è altrettanto terribile, si macchia di reati orribili come pedofilia e
sequestro di persona (Nadia non può uscire dal palazzo dove vive), senza che nessuno se ne renda conto. Quello che
mi ha permesso di finire il libro è unicamente il forte messaggio di coraggio
e voglia di libertà della protagonista, che però purtroppo non potrà avere un
riscatto.
Questo romanzo mi ha dato molto da pensare. Ho creduto che fosse “troppo”:
troppo duro, troppo esagerato, troppo brusco, troppo drammatico. Anche adesso
credo sia troppo, ma purtroppo, solo troppo veritiero.
Il mio voto
A CHI LO SUGGERISCO?
-Assolutamente lettori adulti ma non necessariamente esperti.
-A chi piacciono i libri forti e duri. Se vi piacciono i
libri con queste caratteristiche, leggete anche “La solitudine dei numeri primi”
(anche se, ovviamente, “Il messaggio segreto delle farfalle" è decisamente più
crudo).
-A chi vuole farsi un’idea della condizione della donna in
certi Paesi.
DA LEGGERE CON.. rispetto.
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